Violazione della normativa antinfortunistica e distribuzione dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore

Violazione della normativa antinfortunistica e distribuzione dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore
04 Aprile 2022: Violazione della normativa antinfortunistica e distribuzione dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore 04 Aprile 2022

IL CASO. Il Tribunale aveva accolto la domanda di Tizio volta all’accertamento della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della società presso la quale lavorava nella causazione dei danni biologici, morali, patrimoniali a lui causati dall’essere stato addetto all’esecuzione di mansioni usuranti, senza che il datore avesse fornito idonea tutela per i suddetti rischi, avesse operato una loro corretta valutazione e avesse impartito la formazione specifica a prevenirli.

La società, alle cui dipendenze lavorava Tizio, proponeva gravame avverso la predetta statuizione, e la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado rigettava la domanda di Tizio, in quanto, in particolare, il “lavoratore non aveva fornito, alla luce della documentazione in atti e degli esiti della prova testimoniale, prova sufficiente, il cui onere era su di lui ricadente, della sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di sicurezza”.

Tizio, proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza n. 7058 del 3 marzo 2022, ha anzitutto richiamato i principi in tema di ripartizione degli oneri di allegazione e prova in relazione alla prospettata responsabilità datoriale – sia extracontrattuale che contrattuale, ritenendo “che fosse onere del lavoratore dimostrare la sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione della misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro”.

La Suprema Corte ha, quindi, riconosciuto che i criteri di ripartizione della prova applicati dal giudice di appello sono “frutto di un errore di diritto .. finendo con il porre a carico del lavoratore la dimostrazione della violazione da parte del datore di lavoro di specifiche misure antinfortunistiche – anche innominate - laddove il lavoratore era tenuto solo a dimostrare il nesso di causalità tra le mansioni espletate e la nocività dell’ambiente di lavoro restando a carico del datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure esigibili in concreto”.

Essa ha, infine, precisato che l’art. 2087 c.c. “non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva” e che da ciò ne consegue che “incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno”.

La Corte ha, quindi, accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata. 

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